Il termovalorizzatore di Roma dovrebbe partire nel 2027, ma al momento ad essere accese sono soltanto le polemiche e le proteste.
Chi conosce o vive a Roma sa bene che una delle principali questioni irrisolte della città è rappresentata dai rifiuti, dalla loro raccolta e dal loro smaltimento. A fronte di una TARI tra le più alte in Italia, il problema della “monnezza” nella Città eterna continua a essere enorme tra ritardi nella raccolta su strada, difficoltà nello smaltimento e differenziazione dei rifiuti insufficiente.
Dopo la chiusura della discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa, le difficoltà del servizio di raccolta e smaltimento sono aumentate fino alla situazione degli ultimi anni, in bilico tra emergenza e degrado cittadino. La soluzione individuata dall’attuale giunta Gualtieri, al governo della città, è nella costruzione di un impianto di termovalorizzazione nella zona di Santa Palomba, a sud della capitale, tra campagna e industria ormai dismessa.
Secondo il sindaco Gualtieri non esiste una reale alternativa all’impianto, se non la costruzione di una nuova gigantesca discarica dove raccogliere le migliaia di tonnellate di spazzatura prodotta da chi a Roma ci vive, ci transita per lavoro o ci viene per turismo.
Il termovalorizzatore di Santa Palomba dovrebbe entrare in servizio dal 2027 ed essere dotato delle tecnologie più avanzate, producendo inoltre energia per circa 200mila famiglie, cioè 65 megawatt di corrente elettrica. I rifiuti dovrebbero giungere all’impianto su rotaia, riducendo almeno in parte il traffico di camion sulle trafficatissime strade che conducono alla zona prescelta.
Ma nonostante queste e altre rassicurazioni dell’amministrazione comunale, le perplessità di cittadini, comitati di zona e ambientalisti restano alte. A partire dal destino dello scarto della combustione, altamente tossico e che necessita di trattamenti particolari. Perché se le polveri sottili emesse dovrebbero essere ridotte a livelli minimi, non mancheranno altri prodotti pericolosi dovuti ai processi di combustione.
Inoltre gli abitanti e gli agricoltori del posto temono un abbassamento ulteriore della falda acquifera con pericolo addirittura per i laghi dei Castelli Romani in crisi idrica da anni. Per gli ambientalisti poi il termovalorizzatore rappresenta una smentita di qualsiasi politica di economia circolare e in particolare di promozione del riciclo, del compostaggio e della riduzione dei rifiuti a partire dagli imballaggi.
Insomma per chi contesta la costruzione dell’impianto, il miliardo di euro di spesa prevista per la sua realizzazione, potrebbe essere investito in politiche ambientali più ambiziose e di sistema. Inoltre si rischia di costruire una cattedrale nel deserto, con costi lievitati, scarsa trasparenza e ritardi dietro l’angolo.
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