Il colorante applicato sul tessuto dei jeans è altamente inquinante: l’alternativa green pensata dagli esperti.
Tra gli agenti più inquinanti dei quali, purtroppo, non si tiene ancora conto troviamo sicuramente il fast fashion. Nella realtà Occidentale, e non solo, molti vivono in una bolla di inconsapevolezza in merito al terribile impatto ambientale dello shopping compulsivo (e, conseguentemente, dello spreco). Quando soprattutto i capi di abbigliamento costano poco, per quanto non tutti abbiano la possibilità di investire una quantità considerevole di denaro negli acquisti, bisogna tener conto del possibile sfruttamento della manodopera e del plausibile utilizzo di sostanze dannose.
È questo che si nasconde dietro un prezzo eccessivamente modesto e soprattutto all’ombra di una produzione su larga scala. Non a caso lo scandalo associato a Shein ha provocato una certa indignazione globale, che tuttavia poco si associa alle nostre consuete abitudini. E mentre il fast fashion diviene sempre più pervasivo per l’ambiente, gli esperti cercano di studiare delle alternative che consentano ai cittadini di acquistare i capi di abbigliamento, senza contribuire all’inquinamento globale.
Si tratta di un’intuizione del gruppo di ricerca della Technical University of Denmark, pubblicata sulla rivista Nature Communications. Attualmente il colorante utilizzato per conferire ai jeans il consueto colore blu deriva dalla lavorazione di una sostanza di origine vegetale ed è noto come indaco. La sua manifattura produce una significativa quantità di CO2 (più di 3 milioni di tonnellate annuali), in quanto contempla l’utilizzo di sostanze tossiche nocive per l’ambiente e per lo stesso consumatore. Parliamo infatti di un prodotto che vale miliardi di dollari, corrispondenti alla vendita di circa 4 miliardi di jeans l’anno.
Gli esperti del gruppo di ricerca hanno preso in esame la storia del capo di abbigliamento, riscontrando un significativo aumento delle emissioni conseguenti all’utilizzo di questo particolare colorante. Si sono dunque avvalsi del suo precursore, l’indacano. Quest’ultimo non necessita di sostanze chimiche dannose per la sua lavorazione e può essere convertito nel comune indaco direttamente sul filato del tessuto. Secondo la stima dei ricercatori, laddove le aziende di produzione prediligessero l’utilizzo del colorante alternativo, le emissioni di CO2 diminuirebbero del 92%.
Consapevoli della numerosa richiesta e dunque della frenesia industriale, gli esperti hanno progettato una variante migliorata che consente alle società di mantenere all’incirca i medesimi ritmi di produzione. Hanno dunque modificato l’enzima della pianta Polygonum Tinctorium, l’esemplare dal quale si estrae appunto l’indacano. I risultati hanno dimostrato l’evidente sostenibilità della nuova versione del colorante dei jeans, per questo i ricercatori sperano che le aziende intendano aderire al progetto.
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