Nel corso della gravidanza si possono avere una serie di contrazioni uterine, è bene riconoscerle per capire se serva davvero preoccuparsi.
La gravidanza è fatta di tante fasi, sapere cosa potrebbe accadere può essere di aiuto perché permette di farsi trovare pronti e non preoccuparsi se non è strettamente necessario. Questo può essere importante sempre, anche quando non si è alla prima esperienza, soprattutto perché non tutte le gestazioni possono essere uguali all’altra. Avere paura quando si avvertono delle contrazioni uterine può essere naturale, in modo particolare quando il momento del parto è ancora lontano, per questo si può temere che queste possano essere un segnale di qualcosa che non va. Non è detto però che sia sempre così, bisogna precisarlo.
A seconda del periodo, queste possono avere caratteristiche diverse, a variare è anche la percezione del dolore, che può comunque essere differente da donna a donna. Andare in ospedale o contattare il medico pensando che la nascita sia vicina potrebbe non servire.
Come sono le contrazioni uterine in gravidanza: è davvero il momento di partorire?
Associare le contrazioni uterine in gravidanza al parto può essere naturale, ma non è detto sia sempre così. Queste si possono verificare a causa dei vari cambiamenti che l’utero effettua nel corso della gestazione, così da farsi trovare pronto al momento della nascita. Nel corso dei mesi lo strato muscolare dell’organo aumenta di volume, mentre si contrae durante il travaglio, su effetto dell’azione egli ormoni, in modo particolare dell’ossicitocina. Non a caso, quest’ultima è quella che viene somministrata alle donne per indurre il travaglio qualora ce ne fosse necessità.
Alcune contrazioni uterine sono da ritenere assolutamente fisiologiche, in genere il dolore che si avverte è piuttosto breve, da paragonare a un indurimento della pancia, anche la quantità è ridotta, comunque sono irregolari. Si tratta di quelle che tecnicamente vengono definite contrazioni di Braxton-Hicks e si verificano di norma a partire dal settimo mese in poi, in alcuni casi anche prima. Parlarne con il ginecologo può essere importante, così da togliersi ogni dubbio a riguardo, ma raramente stanno a indicare la necessità di doversi recare n ospedale per il parto. Solo se realmente necessario, o se la futura mamma dovesse avvertirne l’esigenza, potrebbe essere programmata un’ecografia.
Nella prima parte del travaglio si hanno le contrazioni che danno il via alla dilatazione. Riconoscerle non è difficile, iniziano via via a diventare sempre più frequenti, (da una all’ora a una ogni tre-quattro minuti), oltre a durare di più (60-70 secondi) e a essere più dolorose. Grazie a queste la cervice uterina (la parte inferiore dell’utero) si prepara, raggiungendo una dilatazione che può essere anche di dieci centimetri (è quella completa).
Si arriva a ridosso della nascita con le contrazioni uterine del periodo espulsivo, quelle in cui la donna è portata a spingere per permettere al suo bambino di uscire. La situazione non si conclude però qui, la mamma ne potrebbe avvertire altre nelle prime due ore dopo il parto, anche queste sono importanti perché permettono di espellere la placenta e le membrane amniocoriali (le membrane che hanno racchiuso il feto e il liquido amniotico). Nel corso dell’allattamento, l’addome potrebbe essere ancora duro, questo è effetto della suzione del neonato, che porta in via automatica a produrre ossitocina. In maniera graduale l’utero riuscirà così a ripulirsi e a tornare com’era, anche a livello di dimensioni, prima di restare incinta.
E’ consigliabile andare in ospedale solo quando le contrazioni diventano ravvicinate e sempre più dolorose.