Quando si riceve una bolletta troppo alta è possibile contestarla, a quel punto è il gestore a pagare, ecco cosa si deve fare.
Le spese da pagare sono sempre di più, è davvero difficile trovare una famiglia che non arrivi stremata alla fine del mese, pur avendo uno stipendio sicuro. Gli aumenti hanno un po’ riguardato ogni ambito, non fanno eccezione nemmeno i prodotti che finiscono sulla nostra tavola, pur facendo sacrifici la situazione cambia davvero poco. Il quadro può aggravarsi se si dovesse ricevere una bolletta troppo alta, magari in un periodo in cui ci sono già diversi conti da gestire, per questo diventa quasi naturale non riuscire a dormire la notte per timore di non farcela.
In casi simili sarebbe comunque importante non perdersi d’animo e capire se davvero l’importo riportato in fattura sia corretto. A volte, infatti, potrebbe esserci stato un errore da parte del fornitore o un malfunzionamento del contatore, che ha portato a rilevare consumi più elevati di quanto siano stati effettivamente. Non ci si dovrebbe quindi necessariamente perdere d’animo se si ha un problema come questo.
Il primo passo da compiere quando si riceve una bolletta troppo alta sarebbe un controllo della fattura, partendo innanzitutto dal tipo di offerta a cui si è aderito. Quelle che rientrano nel mercato libero, infatti, hanno in genere un costo ridotto per i primi 12 o 24 mesi, successivamente si passa alla tariffa piena, è bene quindi verificare se quel lasso di tempo sia ormai trascorso, così da giustificare un importo così elevato.
Qualora si dovesse notare una forte differenza rispetto al passato, è quasi naturale pensare di contestare l’accaduto al gestore, con la convinzione di avere subito un’ingiustizia, cosa che deve però evidentemente essere provata. La Cassazione ha scelto di esprimersi a riguardo, in seguito a un ricorso presentato da un imprenditore che aveva ricevuto una fattura del valore di 10 mila euro, cifra da lui ritenuta non corretta. La situazione non era delle migliori per l’uomo, visto che la Corte d’Appello lo aveva condannato a pagare, per questo tutto era poi proseguito fino all’ultimo grado di giudizio.
La Suprema Corte ha sottolineato che il dato riportato nel contatore ha il valore di una presunzione semplice di veridicità. Qualora dovesse esserci quindi una contestzione da parte dell’utente, è compito del gestore accertare che i dati rilevati siano corretti.
L’intestatario deve quindi dimostrare i suoi consumi, anche sulla base di quanto pagato in passato, per questo quando la differenza risulta essere evidente è il gestore che ha il compito di provare di avere agito in maniera giusta. Attenzione, però, non c’è alcun esonero per il cliente nella necessità di dover provare che i consumi eccessivi rilevati non sono imputabili a lui. Si deve così dare prova di non avere commesso alcuna negligenza o che quei consumi siano imputabili a terzi.
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